Il tè alla menta marocchino: storia, preparazione e simbolismo di un’arte millenaria

Una delle prime cose che colpisce del Marocco è la moltitudine di odori da cui si viene pervasi. Alcuni lo definiscono “il paese dei sensi”, con l’olfatto al primo posto, ma anche la vista, coi suoi tantissimi colori di tessuti e spezie, l’udito, con le urla dei souk e le melodie degli incantatori di serpenti, il gusto soddisfatto dalle specialità che offre la cucina marocchina, e il tatto per via delle esperienze che si toccano, letteralmente, con mano.

Le donne marocchine cucinano tutto il giorno, ma soprattutto, tra un pasto e l’altro, ci si dedica alla preziosa e simbolica arte della preparazione del tè. Pregna di una connotazione artistica e di una magia rituale forse senza eguali, la cerimonia del tè in Marocco è un’esperienza estremamente affascinante, anche se vi si assiste centinaia di volte.

Durante il vostro viaggio in Marocco vi verranno offerti moltissimi bicchieri di tè alla menta, e guai a rifiutare! Questo gesto è molto più che un’offerta dissetante, perché per il popolo marocchino rappresenta una vera dichiarazione d’intenti: sei mio ospite, voglio accoglierti nella mia casa, sei il benvenuto, ti mostro la mia amicizia, ti tratto con cordialità, ti trasmetto la mia tradizione.

Offrire questo dolce nettare arabo, secondo la tradizione, infatti, è un invito talmente intimo ma al tempo stesso comunitario, è una condivisione che apre le porte dell’accoglienza, e infatti fin dalla prima volta che mi è stato offerto un bicchiere di tè (o meglio, tre bicchieri, ma ve lo spiego più avanti), mi sono subito sentita parte di quella comunità. Ed è proprio questo l’intento della cerimonia del tè in Marocco, far sviluppare un senso di appartenenza impossibile da ritrovare in altri luoghi del mondo.

La cerimonia del tè in Marocco: la storia simbolo dell’ospitalità

Il tè si beve in Marocco dall’epoca in cui regnava Mulay Ismāʿīl (1645-1727), quando gli venne donato dalla regina Anna di Gran Bretagna come segno di riconoscenza per aver liberato alcuni prigionieri britannici. Ma è solo nella metà del XIX secolo che il tè venne consacrato alla popolarità. In quegli anni, che erano quelli della guerra di Crimea, i porti del Baltico furono chiusi, dunque ai mercanti inglesi rimasero enormi scorte di tè cinese. Mentre si occupavano di trovare nuovi mercati a cui smerciarlo, cominciarono a venderlo nei porti marocchini di Tangeri ed Essaouira. All’inizio solo le classi sociali più alte potevano permetterselo, ma tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, il prezzo divenne accessibile a tutte le classi.

Da quel momento in poi, inizia la storia del rito del tè in Marocco, una cerimonia chiamata Atay Naa Naa, che simboleggia l’ospitalità per eccellenza.

Non voglio raccontarvi nel dettaglio come si svolge la cerimonia del tè, perché vi assicuro che l’emozione di assistervi è davvero impagabile, ma alcune dritte per cultura generale ho il dovere di darvele. Innanzitutto, specifico che ogni volta che parlo di tè marocchino, mi riferisco al tè alla menta, preparato mescolando foglie di tè verde (di solito sono quelle della varietà cinese Gunpowder), menta nanà (naa naa in marocchino, varietà di menta particolarmente dolce e dall’aroma marcato) e molto zucchero.

In Marocco da sempre si coltiva la menta, motivo per cui viene consumata molto sia sottoforma di infuso che come ingrediente delle preparazioni culinarie.

Se in Italia o nella gran parte dei paesi occidentali abbiamo l’abitudine di bere il caffè, in Marocco vi colpirà l’abbondanza di occasioni e di luoghi in cui si consuma il tè. Viene sorseggiato più volte durante la giornata, sicuramente dopo ogni pasto ma, più in generale, nel corso di qualsiasi conversazione. Ovunque ci si trovi, nelle case, nei negozi, al mercato, per strada, viene offerto del tè, servito bollente all’interno di piccoli bicchierini di vetro decorati, inebriando ogni angolo del piacevole e fresco profumo di menta.

Momento consiglio: non ha assolutamente senso andare alla ricerca del “miglior locale in cui bere il tè marocchino” o cose del genere, perché la preparazione è ovunque la stessa, con gli stessi ingredienti e lo stesso rituale, che ci si trovi in una casa privata, per strada o nel più lussuoso dei resort. Assaggiatelo ovunque vi venga offerto (anche nei souk, nel bel mezzo di una contrattazione, come puro gesto di cordialità) e non ne rimarrete delusi.

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Ti offrono del tè in Marocco? Bevilo!

Ma passiamo a qualche dettaglio in più. La cerimonia marocchina del tè è così affascinante proprio perché è scandita da gesti misurati e nobili, lenti e quasi coreografici. Il capo famiglia o la persona più anziana e rispettata della casa ha l’onore di preparare il tè davanti agli ospiti, ponendo la teiera e i bicchierini su un vassoio in metallo argentato. Si usa il vetro per i bicchieri e non la ceramica o la porcellana delle tazze a cui siamo abituati noi, perché è un materiale che disperde più velocemente il calore, così da poter bere l’infuso ancora caldo ma senza doverci “soffiare sopra” per non ustionarsi e non dover attendere a lungo.

Quello che catturerà di più la vostra attenzione sarà il modo in cui viene versato il tè nei bicchieri. Il capo famiglia tiene la teiera in alto, a circa 40 cm dal tavolo, per far ossigenare l’infusione ed esaltarne il sapore e favorire la formazione di un sottile strato di schiuma sulla superficie del tè. Una vera arte rituale e simbolica.

E adesso viene la parte più bella, quella più tradizionale e significativa, quella che dovete assolutamente conoscere per evitare brutte figure e apparire scortesi e irrispettosi. Agli ospiti il tè viene servito tre volte. Per ciascuna di queste volte, visto che la durata del tempo di infusione è maggiore, il tè avrà un sapore differente.

Un proverbio algerino/tuareg, infatti, recita così: “Il primo bicchiere è gentile come la vita, il secondo bicchiere è forte come l’amore, il terzo bicchiere è amaro come la morte”. Inutile dire che dovrete berli tutti e tre, come segno di abbondanza e buon augurio.

Se vivrete l’esperienza di conoscere i nomadi berberi dell’Atlante o di trascorrere una notte nel deserto, probabilmente gli utensili utilizzati per la cerimonia del tè saranno più modesti (una teiera in metallo smaltato posta direttamente sul fuoco e dei bicchieri senza decorazioni) e anche il procedimento di preparazione sarà differente. Potreste anche assaggiare la variante del tè sahariano, preparato dalle comunità nomadi del Sahara quando la menta fresca scarseggia e si utilizza una dose più abbondante di tè verde, dal gusto estremamente concentrato, forte e amaro. Ad ogni modo, l’infuso sarà una gradevole espressione della condivisione tradizionale.

Nelle città imperiali come Fès e Meknès, o in occasione di cerimonie particolari, si aggiunge al tè qualche goccia di acqua di fiori d’arancio o acqua di rose direttamente in teiera, per dargli un tocco di profumo in più dal sentore delicato. Oppure ancora, soprattutto nelle campagne marocchine, è usuale sostituire la menta o affiancarla con erbe selvatiche (salvia, timo, verbena odorosa o petali di geranio). E d’inverno, quando la menta fresca non si trova facilmente, i marocchini usano la chiba, ovvero l’assenzio maggiore, una pianta aromatica dal gusto amarognolo e dal sapore più intenso ed erbaceo, con note balsamiche e leggermente piccanti, perfetta per scaldare e tonificare nella stagione fredda.

Come dite? Andrete in Marocco d’estate e non avete intenzione di bere del tè caldo? Luogo comune da sfatare subito! Il tè alla menta è fresco e dissetante, anche se servito caldo con le temperature roventi, perfetto dunque per arrestare il calore e la sete. Il bollore della bevanda, infatti, aiuta la termoregolazione del corpo, oltre ad essere una bevanda ricca di sali minerali. Niente di meglio dopo aver fatto una bella escursione di trekking.

Oltre a questo vi dico pure che il tè alla menta ha effetti tonificanti, antinausea, calma la mente e riduce lo stress, favorisce la digestione e il gonfiore addominale, libera le vie respiratorie (e, dopo una passeggiata nel deserto, potreste averne molto bisogno). Insomma, non sono un medico, ma non serve una laurea per dirvi quanto sia benefico condividere un bicchiere di tè – anzi tre! – con il popolo marocchino.

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Chi sono

in marocco con lisa

Mi chiamo Lisa e fin da piccola ero affascinata dai racconti di viaggi e dalle altre culture.

Oggi con T.L. TOURS, organizziamo tour in Marocco con l’obiettivo di far conoscere la vera cultura, l’ospitalità e le tradizioni attraverso il contatto con la gente locale

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