Una delle importanti scoperte con cui entrerete a contatto durante i miei tour in Marocco riguarda la simbologia. Una questione molto importante per la popolazione marocchina e che viene espressa attraverso la realizzazione dei tatuaggi. Vi ho già parlato dei tatuaggi come veicolo di identità, di appartenenza alla cultura amazigh, di protezione e cura e perfino del loro ruolo nei rituali sacri nel mio articolo sui tatuaggi berberi, e adesso è arrivato il momento di farvi conoscere la storia e la cultura dietro ai tatuaggi all’hennè.
Origini e storia dei tatuaggi all’henné
Anche chi non è mai stato in Marocco ha visto in TV queste opere d’arte che adornano mani e piedi, realizzate con una tintura colorata derivata da una polvere di foglie della pianta Lawsonia inermis. Immancabili per decorare le spose, i tatuaggi all’henné marocchini sono uno dei simboli più significativi di questa cultura.
La pianta di Lawsonia inermis cresce in abbondanza in gran parte del Medio Oriente e del Nord Africa, originaria dell’Asia minore e dei paesi subtropicali e tropicali degli altipiani dell’Africa centro-orientale, per questo non poteva non essere sfruttata la sua proprietà colorante (ma è ricca anche di proprietà curative). Essiccando e macinando i rami e le foglie, infatti, si ottiene una polvere con colori che vanno dal verde-giallastro fino al marroncino, in base alla percentuale di foglie o di rami. Quello di qualità migliore è l’hennè ricavato dalle sole foglie.
Utilizzato da secoli per la colorazione naturale dei capelli, agli inizi il trattamento dell’henné era riservato solamente al re e ai sacerdoti Babilonesi, Assiri e Sumeri e solo in occasioni importanti. Nel corso del tempo, però, la pratica dei tatuaggi all’henné si diffuse in tutta l’area del Mediterraneo e il mondo islamico la inserì tra le usanze più popolari. A consacrarne la diffusione fu il profeta Maometto, il quale raccomandò l’applicazione di tinture per capelli con henné agli uomini e la creazione dei tatuaggi con henné per le donne.
Ma ci sono tracce dell’uso a scopo ornamentale del tatuaggio con henné risalenti a molti secoli prima, intorno al 1400 a.C., dimostrate dal ritrovamento in Iraq, Palestina ed Egitto di alcuni manufatti che raffigurano fanciulle con mani e unghie decorate con henné.
In età romana, però, l’arte del tatuaggio con l’henné venne bandita dalla Chiesa cattolica, che la considerava una pratica pagana, espressione di stregoneria. Ma con l’avvento dell’Islam, le popolazioni islamiche reintrodussero l’uso tradizionale dei tatuaggi all’henné. I tatuaggi permanenti sono invece proibiti dall’Islam.
Ben presto, infatti, in tutte le cerimonie matrimoniali musulmane si utilizzò in maniera costante questa tintura ed ancora oggi i tatuaggi all’henné sono un “indumento” che abbellisce la pelle delle spose soprattutto in Marocco. Addirittura, viene dedicata un’intera giornata alla decorazione della sposa con i tatuaggi.
La tradizione marocchina, infatti, vuole che all’henné venga associato il concetto di “passaggio” e che, dunque, vengano disegnati tatuaggi all’henné per celebrare momenti in cui avviene un passaggio, quale è quello della donna che diventa sposa. All’henné, inoltre, viene attribuita una funzione benaugurale, per questo motivo è necessario tingere la pelle di henné per augurare tanta fortuna al matrimonio.
Oltre ai riti matrimoniali, in altre zone si usa l’henné in cerimonie che celebrano le nascite, le circoncisioni e molte altre festività, inclusa la fine del Ramadan, anche in questi casi come simbolo di buon augurio.
Alla fine dell’Ottocento, l’uso della tintura di hennè si è estesa anche in Europa, e ormai viene impiegata moltissimo per nutrire, rinforzare e rendere lucenti i capelli, per attenuare la cute grassa e la forfora e per creare i riflessi ramati nelle capigliature castane o nere.
Da molto tempo nel Nord Africa e in India l’hennè è il protagonista di quella che si può definire una vera arte dei tatuaggi e che ha reso il tatuaggio un sacro rituale. Le donne berbere, infatti, esprimono questa arte attraverso la propria pelle, raccontando sul corpo i riti ancestrali.
Anche se appartiene ad una simbologia prevalentemente asiatica, è molto famoso il tatuaggio all’henné “mano di Fatima”, per tradizione considerato un simbolo musulmano. Una leggenda popolare, infatti, parla di Fatima come della figlia del profeta Maometto: la donna un giorno vide il marito Ali con un’altra donna e, folle di gelosia, immerse una mano dentro ad un contenitore con acqua bollente. Il marito la vide e corse a salvarla e Fatima lo perdonò grazie al suo gesto e all’amore dimostrato nei suoi confronti. Per questo motivo, al tatuaggio mano di Fatima è associato il significato di protezione (se la mano è rivolta verso l’alto) o di ricevere doni dall’Universo (se la mano è rivolta verso il basso), ma in generale simboleggia la fortuna, la devozione spirituale, l’amore materno e la purezza.
Tatuaggio rituale all’henné: consigli per farlo durare più a lungo
Per le strade e nelle piazze del Marocco incontrerete moltissime donne che fanno i tatuaggi all’henné e resistere alla tentazione non sarà facile. Tornare a casa con un tatuaggio come souvenir, come simbolo di immersione nella cultura locale, è un’esperienza che molti viaggiatori amano fare. Vi consiglio di verificare che sia quello naturale, di colore marrone: quello nero in Marocco è chimico e può creare allergie ed irritazioni.
Ma quanto dura un tatuaggio all’henné? La durata è variabile, di solito la tintura comincia a sbiadirsi e a sfaldarsi tra una e due settimane, ma tutto dipende da come lo si tratta prima e dopo averlo fatto. In previsione del vostro viaggio in Marocco, e dell’eventualità di fare un tatuaggio temporaneo all’henné, vi consiglio di applicare sulla zona da tatuare, alcuni giorni prima, l’olio di mandorla e massaggiare fino a totale assorbimento; dopo una mezz’oretta, massaggiate la pelle con la luffa insaponata, per eliminare tutte le cellule morte e permettere al tatuaggio di venire disegnato su una pelle rinnovata, così da far resistere più a lungo il disegno e prolungare la tenuta del tatuaggio.
Subito dopo aver fatto il tatuaggio, evita di toccare la tintura, perché la pasta di henné è umida e può causare sbavature nel disegno. Anche se si asciuga di solito dopo 15-20 minuti, è meglio far passare anche 30 minuti per evitare di sporcare i vestiti o rovinare il disegno. Se ne avete la possibilità, lasciare asciugare la pasta per almeno 6 ore o perfino tutta la notte, dopo aver applicato, tamponando leggermente, un mix di zucchero e succo di limone o zucchero e tè, è il miglior modo per far durare più a lungo il tatuaggio, mantenerlo idratato e per rendere il disegno più scuro.
Il giorno dopo, la pasta di henné si sarà seccata, dunque bisogna raschiare via la parte in eccesso e sciacquare la pelle con acqua a temperatura ambiente, evitando di usare il sapone sull’henné fresco.
Durante le settimane successive al tatuaggio, è importante mantenere la pelle idratata senza esporla a climi caldo-umidi che lo fanno schiarire più velocemente, lavarlo solamente con detergenti delicati e naturali senza strofinarlo, indossare i guanti quando si lavano i piatti o si utilizzano detergenti per le pulizie di casa.